L’aloe, da una ricchezza molto antica la regina delle piante terapeutiche

L’aloe vera è una potentissima sorgente di cura, conosciuta fin dai tempi antichi che, dietro un lato mistico e affascinante, cela un incredibile potenziale curativo.

Chiunque si sia accostato al tema dell’aloe, non può non aver riconosciuto in questa pianta, una marcata presenza di riferimenti storici, il che tradisce senza dubbio che le virtù terapeutiche di questa pianta meravigliosa, sono conosciute ed impiegate fin dai tempi più remoti.

L‘aloe vera è usata da oltre cinque millenni ed attraverso lo scorrere dei secoli, è sempre stata considerata una pianta magica, quasi una panacea, in grado di curare molti malanni.

Solo negli ultimi decenni, la ricerca ha permesso di fare il punto sulle caratteristiche dell’aloe, i cui segreti nascosti si stanno svelando sempre più numerosi.

Cosa sapevano i popoli nelle tradizioni millenarie delle proprietà di questa pianta?
Forse non erano a conoscenza di molte nozioni teoriche, come è avvenuto nel corso degli ultimi decenni.

Ma sicuramente la saggezza, unità a grandi capacità di connessione con le forze naturali, ha donato alle varie culture la capacità di riconoscere le proprietà, le modalità e gli effetti, di una pianta che per loro era miracolosa e addirittura magica.

I tre fattori importantissimi dell’aloe

Il primo grande insieme di componenti dell’aloe sono i mucopolisaccaridi. Essi sono una particolare tipologia di zuccheri complessi che possiedono una consistenza particolare, filamentosa, molto simile a quella dell’elicina, prodotta dalla bava di lumaca.

Questa prima consistenza è subito balzata all’occhio dei ricercatori indicando la capacità del gel di aloe di essere un valido gastroprotettore. Infatti distribuendosi nel tratto digestivo attraverso il gel, i mucopolisaccaridi proteggono l’intero tratto fino all’intestino, diventando anche quindi un grande sostegno per il sistema immunitario.

Il secondo grande insieme di componenti sono gli antrachinoni, contenuti nella parte più esterna della buccia, che hanno un’attività lassativa accentuata, e diventano veri e propri spazzini del corpo.

Ma la sua grande ricchezza è sopratutto insita nei suoi minerali, vitamine, enzimi, acidi organici, aminoacidi essenziali e non. Una vera e propria centrale di sintesi chimica dedicata alla produzione di centinaia di elementi.
L’aloe possiede infatti più di 150 componenti attivi, un’infinità di bio fotoni, ed è composta dal 97% di acqua.

Quest’acqua però non è una sostanza qualunque ma il un’importante veicolo che la pianta ha scelto per permettere l’azione sinergica di decine di composti diversi e più di 200 molecole biologicamente attive.


Per fare un’esempio pratico: quando l’aloe è applicato su una bruciatura, ferita o irritazione della pelle, una moltitudine di sostanze si muove in maniera coordinata e mai casuale, va lì dove deve agire.

La sua evoluzione nel tempo

“Mi chiedi quali forze segrete mi sostenessero durante i miei lunghi digiuni? Ebbene, furono la mia incrollabile fede in Dio, il mio stile di vita semplice e frugale e l’aloe di cui scoprii i benefici alla fine del XIX secolo, al mio arrivo in Sud Africa”.

Mohandas “mahatma” Gandhi (1869-1948).

L’Aloe a Roma antica e in Magna Grecia

Molte le storie che legano l’aloe a greci e romani. L’etimologia della parola stessa deriva dal greco àls-àlos, sale, a causa del suo sapore salato.
Alessandro Magno, nel tentativo di ingrandire il suo regno in Persia, andò alla conquista dell’isola di Socotrà con l’intento di impadronirsi dell’ingente quantità di piante di aloe lì presenti.

Iniziò così ad usare il suo balsamo lenitivo e cicatrizzante per curare le ferite dei soldati nelle interminabili spedizioni.

La pianta di aloe si trova in numerosi salmi della Bibbia, che più volte definisce: “Elisir di Gerusalemme”.

A ciò si ispirarono numerose culture templari e massoniche venute in seguito.

L’aloe tra gli egizi

Pianta dell’immortalità per gli egizi, posta all’entrata delle piramidi, l’Aloe serviva per indicare il cammino ai faraoni defunti verso la terra dei morti.


Nel “Papiro di Eber” (1500 a.C.) si descrivono con dovizia di particolari le caratteristiche della pianta per il suo riconoscimento e si danno indicazioni sul suo uso terapeutico.

La ricetta poi preparata, garantiva lunga durata al corpo mummificato del defunto, come nel caso di Ramses II.


Numerosi gli impieghi di succo di aloe a livello esoterico, infatti molte sono ricette di pozioni propiziatorie, in particolare quelle dedicate alla dea Iside e a Ra.


Sempre in Egitto è ancora oggi considerata simbolo di felicità e se posta all’interno di una casa. Infatti si pensa che protegga la famiglia, assorbendo le energie negative portate da alcuni visitatori.

L’aloe tra gli Assiro-Babilonesi

Questo antico popolo usava il succo di aloe (Sibaru o Sibiru), per eliminare putrefazioni intestinali e gas, dovuti all’ingestione di cibi avariati.
Su alcune tavole d’argilla trovate nella città di Nippur, databili intorno al 2000 A.C.

Qui troviamo Le foglie di aloe che vengono descritte come “foderi di coltelli”.

L’aloe tra i Maya e nel Nuovo Mondo

Nella cultura maya l’aloe era usato per i suoi effetti strabilianti contro il mal di testa.

Veniva preparato un infuso che poi si diluiva con l’acqua, mentre le donne lo usavano per indurre lo svezzamento precoce dei loro pargoli, spargendone il succo sul seno e rendendo la suzione decisamente poco appetibile.

Durante il viaggio verso il nuovo mondo, Cristoforo Colombo comunico in una sua missiva di stare bene, scrivendo: “ Todo esta bien, hay Aloe a bordo”.

Anche gli indiani d’America avevano scoperto le numerose virtù terapeutiche dell’aloe Barbadensis Miller, ponendone il succo nei loro riti magici. Loro consideravano l’aloe una delle sedici piante sacre, che veneravano come Dei.

Usavano anche strofinarsi il corpo con il gel per proteggerlo dagli insetti, nelle loro difficili migrazioni in territori paludosi e poco accoglienti.

Successivamente, attraverso l’opera di diffusione dei gesuiti, numerose piante di aloe vennero esportate fino ai Caraibi, specie nelle isole Barbados.

Il motivo del suo nome risiede proprio nelle sue origini: Barbadensis, che in passato veniva semplicemente chiamata aloe vera.

Tra IL 1700 e il 1800 anche nel Vecchio continente europeo divenne chiara l’importanza di questa pianta, e aumentarono le importazioni.

Dal misticismo alla terapia

Negli anni a venire, l’aloe fu oggetto in Europa di numerosi studi ed esperimenti e, dall’Inghilterra alla Russia. Numerosi furono i tentativi di stabilizzare la sensibile polpa di aloe e renderla utilizzabile anche nel lungo periodo.

Quest’opera riuscì solo alla fine degli anni ’50 da parte di un farmacista texano, Bill Coats. Egli riuscì a stabilizzare la polpa rendendola commerciabile in tutto il mondo, eliminando i problemi relativi ad ossidazione e fermentazione.


Nel 1959 il FDA (Food and Drug Administration) americano ha proclamato ufficialmente le proprietà benefiche rigenerative della pianta di Aloe Vera. Questo autorevole riconoscimento da parte dell’intero settore medico-scientifico internazionale, diede da subito all’aloe un’immensa fama.


Ciò la rese a gran voce la pianta più utilizzata, una panacea per tutti i mali, che la classificò la regina delle piante terapeutiche esistenti sulla Terra.

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Maria Teresa Ficchì

Naturopata, nutrizionista & Health Coach, fondatrice di Chetogenica Bioenergetica. Amo prendermi cura degli altri e aiutarli a stare bene con i metodi naturali, portandoli alla versione migliore di se stessi.
 

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